Merenda #4: We still be there

*per merenda: un ovetto Kinder.
Okay, è una cosa un po’ nostalgica, però è estremamente interessante. Perché hanno fatto proprio un uovo? Perché di due colori? Alle elementari era un must, ma era anche lo sfizio proibito dalla pediatra. Non mi è mai piaciuto il cioccolato al latte, nemmeno quello dell’uovo di Pasqua (ah forse è per quello che hanno inventato l’ovetto? Per avere un po’ di Pasqua a portata di mano tutti i giorni? Sapete, qui sul blog si googla poco e si immagina tanto, sennò non esisterebbe un cassetto pieno di palloncini?) però l’ovetto Kinder era buono e basta. Sì, lo è ancora credo, ma è il sapore di tanti anni fa, e io non ne mangio da una vita.
Ricordo ancora quel rumore, il rumore dello scricchiolio della chiave che girava nella serratura della dispensa all’ingresso della casa della nonna. Era lo stesso rumore di una chiave che apre un forziere dove dentro c’è un tesoro. Ovetti freschi della Kinder. Sempre lì ad aspettarmi, ogni martedì tornata da scuola, con la sorpresa dentro, che speravo ogni volta fosse Magica Doremì.*

Ho passato una settimana particolare e sono tornata al cinema dopo quasi un anno, dopo Revenant, che per me è una cosa molto strana.
Assentarsi dalla sala del cinema è come non mangiare più pizza. È una rivoluzione, è un cambiamento gigante per me. Ma sto viaggiando tanto quest’anno, direi quindi che è stata una rivoluzione pacifica, necessaria e bellissima quella che ho fatto. E fortunata.
Nella routine (che per me è comunque un concetto alieno) vado dentro al cinema e mi isolo dal mondo una/due volte a settimana, senza contare il mysky che trasborda, Netflix in inglese e da poco pure in spagnolo e i momenti revival col dvd noleggiato del weekend. (Infiliamo nella lista anche le maratone di saghe fantasy e siamo al completo).
Comunque, sono andata a vedere L’estate addosso per dovere culturale e d’aggiornamento, perché avevo anche bisogno di un po’ di leggerezza.
Ho pensato a cosa ho fatto io dopo la maturità e il ricordo non è dei migliori ma ci sono stati dei momenti molto intensi e credo indelebili, in particolar modo un viaggio nel Salento con la radio a palla e una canzone che costantemente passava e che costantemente mi toccava dentro.
When the beat drops out di Marlon Roudette. Esce a luglio e mi incanta subito, incanta una come me che tutti i brani estivi un po’ tunz generalmente e sostanzialmente preferisce evitarli. Il perché preciso non chiedetemelo, a me piace Bat For Lashes, che in estate esce quasi sempre e pubblica cose elettroniche ma un po’ dark e mentre tutti vanno in spiaggia lei esce di notte in bici nel bosco in montagna.
(My greatest inspiration > Battito di Ciglia ~ Lilies)

Marlon Roudette. Chi è? Non voglio neanche saperlo qui, vi ho spiegato che è un cassetto e non un giornale. Io credo però che quest’uomo sia stato toccato da qualcosa di molto forte per proporre un brano del genere.

Stavamo dicendo che a me in estate non piacciono i pezzi quelli da disco o insomma tutto quel mondo che ruota intorno a quel certo tipo di beat. E sottolineo a me in estate e non i pezzi estivi perché poi in autunno mi dimeno con Calvin Harris, è solo una questione di frutta di stagione, e una zucca sta a How Deep is Your Love come un melone sta a Lilies nella mia mentalità agronoma e merendera.
Io funziono così. E lo capirete anche dalle playlist del nostro concerto.
Allora, a proposito di concerto, devo scegliere un brano da farvi scegliere, un brano degli ultimi cinque anni, un brano molto pop, un brano mainstream (parolacciaaaa). I’m not old, I am vintage e vado subito in crisi. Perché io mi perdo, ho il cervello negli anni ’70 o nel 2020 e quindi a volte mi perdo le ultime cose. Allora ho provato a ricordare cosa ho fatto in questi ultimi anni, cosa ho sentito e vissuto, e quel pezzo, quell’estate, era diverso dagli altri.
I, I didn’t mean to fall in love, this rythm that created us.
È così. Alla fine non lo scegli davvero, succede ed è pazzesco, a me è successo, mica lo volevo, ma a volte è come se, anche in silenzio, ci fosse una vibrazione che senti e sente solo quell’altra persona.
Eugi me l’ha detto (è il mio chitarrista ed è un romanticone) che le persone che si trovano in sinergia hanno una frequenza cardiaca simile, che combacia. Io questo non lo so, non mi ci voglio nemmeno fissare, ma è stupendo.
Marlon lo dice alla tipa, last thing I was thinking of, ma succede.

Ogni canzone è stata, è e sarà.
The song will write you, you don’t write it. e quando questa canzone è uscita io non lo sapevo che sarebbe stata così importante per me. Ma mi ha scritta, lo ha fatto davvero, come il tatuaggio che adesso ho sul polso. Io vivevo una vita frenetica, come adesso, e non mi rendevo conto che life happens when you’re making plans. Facevo progetti per il futuro, ero ancora indecisa sull’università, se andare a fare lingue o fare un salto nel vuoto al conservatorio, ma la mia vita stava accadendo e io non lo sapevo.
E non sapevo nemmeno che questo pezzo c’era ancora prima di uscire, c’era negli ovetti Kinder della nonna e nei martedì dopo scuola, when the lights go out and the morning come.
E non sapevo neppure che questo pezzo ci sarebbe stato poi. Non pensavo che sarebbe stata la colonna sonora di una settimana che mi ha spiazzata e mi ha portato via qualcuno che speravo rimanesse di più, che speravo di poter vivere meglio.

When the beat drops out
and the people gone
we still be there, still be there
for me, child.

Noi saremo ancora lì.

Forse è diventata una parola proibita, perché l’abbiamo sminuita in ogni modo possibile e non sembra esserci una via di mezzo tra chi vede troppo e chi non vuole vedere , ma io in tutto questo ci vedo fede. Ci vedo speranza. Ci vedo qualcosa che ti scalda il cuore quando fa un freddo cane.

We still be there for me child.

Di Francesca Michielin

Ciao, mi chiamo Francesca. Sono nata il 25 febbraio e per mestiere vivo da vent'anni in un cassetto di sogni stropicciati. Le farfalle che abitano il mio stomaco passano di tanto in tanto a trovare i pensieri nella mia testa, dove vivono a forma di palloncini. Ho due cuori, uno è un battito di ciglia, l'altro un prisma con venti facce triangolari. Ho guardato a lungo uno specchio che mi ricordava quella che sembravo e non quella che ero, ma da oggi voglio navigare senza le vele. Lontano.

10 risposte su “Merenda #4: We still be there”

E che te devo dì. Francè, vintage come te, brutti ricordi del dopo maturità!Sono felice che tu sia veramente innamorata!
Ok, io vado a sdraiarmi causa malanno di stagione

Perdona l’assenza nei commenti. ? Ti leggo sempre, ma diciamo che queste merende le sto vivendo come tali: una pausa pomeridiana in cui mi siedo, mangio qualcosa e ascolto le tue riflessioni e i tuoi racconti. 🙂

Ho scoperto oggi delľ esistenza del tuo blog,così mi questa sera mi sono messa nel mio angolino della casa preferito, ho messo le cuffiette, ho avviato la riproduzione casuale e ho letto tutto. Mi hai fatto pensare un sacco. SEMPLICEMENTE GRAZIE♡

Una volta ho scritto:
“Odio i tormentoni quando sono sulla bocca di tutti li amo invece quando nessuno più se li ricorda”

Grazie Francesca simile a me!

Non ci crederai, ma anche io ho ri-trovato la mia canzone (perchè ora non può non essere la canzone della mia vita), pochi giorni fa. E direi che ci sta quasi a pennello con l’ovetto kinder, ma va ascoltata in un luogo fantastico come quello di “Un Ponte Per Terabithia”. Un bosco dove tutto può succedere.
La canzone si intitola “Field Of Innocence”. La ascoltai la prima volta a 17 anni e di li a poco divenne la mia canzone preferita. Il perchè credo stia tutto in questa frase:
“I still remember the world from the eyes of a child”
Era il mio tuffo nell’infanzia, che vedevo bellisdima, malinconica e lontana. Era la corda che Leslie e Jess usavano per lanciarsi aldilà del fiume. Era tutto li in quel periodo, qualcosa che sembrava lontano, ormai perduto. “Where has my heart gone?”, eppure era la mia canzone preferita, in assoluto.
Col passare degli anni la misi in secondo piano, ma non si può dire che la dimenticai.
Arrivarono tantissimi altri eventi, tantissime altre canzoni, che nel bene o nel male mi hanno portato in quel giorno della settimana scorsa. Dove tutto ero convinto esistesse, ma non aveva senso, allora non poteva esistere.
Ma perchè deve avere per forza un senso?
“I want go back to………believing in everything and knowing nothing of all”
Ora i puntini sono uniti, magari non tutti, ma almeno quelli che mi consentono di essere libero si…me lo sento.
Comunque, per le maratone fantasy devi vedere un ponte per terabithia, sono convito piaccia anche a te 🙂

Aggiornamento all’ultimo minuto:
Mia madre mi ha chiesto se non fossi troppo grande per giocare ad Age of Empires 2 (videogioco di strategia storico che giocavo da quando avevo 8 anni).
La mia risposta?
NO =D

Evanescence – Field of Innocence (no, questa non è una hit estiva):
https://m.youtube.com/results?q=evanescence field of innocence&sm=1

Ora sento anche che devo salutarti, potresti non leggere per un po i miei commenti. Ma non preoccuparti non me ne vado da nessuna parte.
Qui con te e sempre con me

fantastici mercoledi,come sempre…..dai infinite emozioni,dai modo di riflettere,ed entri sempre nel mio cuore dalla porta principale e lo scaldi di vero amore,amore per la gente,per i fan,per la vita….grazie

Ultima cosa: riguardo alla fede, che per me è molto importante, perchè ti fa vedere oltre, perchè se ci credi davvero si avvera:
“this is for long forgotten light at the end of the world”
Nei momenti meno belli cerco di pensare a questa frase, che in realtà ha un significato un po diverso nella canzone da cui è stata presa, ma nel mio egoismo, rappresenta proprio la speranza che alla fine andrà tutto bene.
Io ho fede anche in ciò che dice Eugi, credo nell’anima gemella, anche se la devo ancora incontrare e credo i legami vadino oltre le distanze, li possiamo sentire. “E sentire fa rumore”.
Ora posso salutarti.
Ci vediamo sul soffitto della mia testa quando sto per addormentarmi, oppure qui sul blog, o magari anche in giro
Arrivederci

Ancora con il Salento… io te l’ho già detto siccome ci vado tutti gli anni prima o poi ci vedremo sicuramente lì e chissà quell’anno quale canzone ti piacerà e ascolterai a palla in macchina 😉

Il bello sta nel non essere mainstream. Essere mainstream è così.. facile. Troppo facile.

Ci sono canzoni che entrano nella nostra vita senza un motivo, senza un perché.
Un po’ come fanno le persone: non ti chiedono il permesso, entrano nella tua vita e ci rimangono.. o scappano.

Un abbraccio.

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